martedì 22 gennaio 2008

Finalmente Licenze Wi-Max

Il ministero delle Comunicazioni ha ricevuto 29 offerte per l'asta relativa all'assegnazione in Italia delle 35 licenze per le frequenze Wi-Max (Worldwide Interoperability for Microwave Access), la rete di telecomunicazioni a banda larga e senza fili. Il calendario prevede, nei prossimi giorni, l'apertura e l'esame delle buste, per poi passare alla fase dell'asta competitiva per l'assegnazione dei vari lotti che sarà gestita dal ministero delle Comunicazioni. Il prossimo passaggio della procedura sarà così l'apertura delle buste, in programma per il 30 gennaio.

Così dopo mesi di "rumors" e di discussioni sul tema del WiMax, i grandi player del mercato si sono attivati: tra le offerte presentate ci sono infatti quelle di Telecom Italia, Wind e Fastweb. A inizio dicembre erano state 48 le aziende che avevano manifestato il loro interesse, e che sono poi state selezionate dal ministero delle Comunicazioni.

L´ultima delle grandi aziende a presentare l'offerta economica è stata la Wind, mentre fin dalla prima fase della gara, erano risultati assenti gli altri due importanti operatori: H3g e Vodafone. Le licenze in gara sono 35 e hanno la durata di 15 anni. Ce ne sono 14 nelle 7 macro-aree in cui è stato suddiviso il paese (2 per ciascuna macro-area: Lombardia-Bolzano-Trento; Valle d'Aosta-Piemonte-Liguria-Toscana; Friuli Venezia Giulia-Veneto-Emilia Romagna-Marche; Umbria-Lazio-Abruzzo-Molise; Campania-Puglia-Basilicata-Calabria; Sicilia; Sardegna) con la condizione che ad uno stesso soggetto possa essere assegnato un solo diritto d'uso per macroregione.

A livello teorico è possibile che un operatore che faccia domanda per tutte le macro-aree riesca ad aggiudicarsele tutte, creando un network nazionale. Le altre 21 licenze sono invece a dimensione regionale e verranno «prioritariamente riservate a concorrenti che non dispongono già di licenze Umts».


Torna il sereno in Sicilia

Due ore di confronto «sereno». Tanto è servito a Paolo Fiorentino, deputy ceo di UniCredit, e Salvatore Mancuso, presidente del Banco di Sicilia, per chiudere lo scontro sul Bds. Due ore che hanno permesso di mettere a punto l'accordo che ha ridisegnato il nuovo assetto di vertice del Banco ma, come recita una nota di Piazza Cordusio, «nel rispetto della valorizzazione delle risorse locali».

Le novità interne al board dell'istituto siciliano verranno definitivamente approvate in occasione del consiglio di amministrazione del Bds convocato per domani, mercoledì 23 gennaio, dopo che oggi il cda di UniCredit ne avrà preso atto. L'intesa prevede che il consiglio del Banco recepisca le dimissioni dell'amministratore delegato Beniamino Anselmi, e quindi coopti Roberto Bertola nel board come nuovo a.d.. Mancuso, ritenendo conclusa la propria missione, ha quindi messo a disposizione il mandato con circa due mesi di anticipo rispetto alla scadenza naturale, il prossimo 31 marzo. La carica di presidente verrà assunta da Roberto Nicastro, deputy ceo di UniCredit e già vicepresidente del Banco di Sicilia.

Quanto a Giuseppe Lopes, nominato da Mancuso direttore generale del Bds nel cda del 9 gennaio scorso, darà le dimissioni per diventare direttore generale di Uca, una delle società di UniCredit della divisione retail che si occupa di distribuire prodotti assicurativi. Il nuovo direttore generale del Banco, invece, non è stato ancora individuato ma verrà selezionato tra le professionalità del Bds. Non a caso UniCredit ha tenuto a sottolineare «l'impegno, in linea con le strategie e i principi del gruppo, a valorizzare le risorse interne del Banco di Sicilia sia nella banca che nell'ambito delle società». Peraltro, Fondazione Bds e Regione Sicilia continueranno a esprimere quattro consiglieri nel cda del Banco.

E' stata poi confermata «l'istituzione di un Osservatorio socio-economico che possa supportare in termini di analisi e ricerche lo sviluppo dell'economia siciliana». E rispetto a ciò Piazza Cordusio ha ribadito «la grande attenzione che attraverso il Banco di Sicilia intende riservare alle imprese che sono la base dell'economia» locale. In questo modo, «la banca sarà così sempre più al servizio della crescita dell'Isola e solidamente inserita in un gruppo bancario internazionale presente in 23 Paesi».

Si è risolto dunque in un clima che ambienti vicini alle parti hanno definito cordiale e collaborativo lo scontro che aveva animato le ultime settimane di cronaca. A innescare la miccia, o meglio la catena di incomprensioni che ha portato al riassetto di vertice della banca, sarebbe stato proprio il consiglio di amministrazione del 30 agosto scorso, convocato d'urgenza da UniCredit il 22, per nominare Roberto Bertola direttore generale del Banco. Una mossa che in Sicilia sarebbe stata accolta con freddezza, non tanto per il manager scelto quanto piuttosto perché non si ravvisava una necessità così impellente di rivedere l'assetto di comando.

Insomma, lo scontro non sarebbe maturato per questioni di sostanza ma piuttosto per problemi di forma e di tempistica, conditi dall'innesto nel Bds di prassi ritenute comuni in un grande gruppo come UniCredit ma percepite come estranee in una realtà particolare come la Sicilia. Di qui le tensioni sfociate nel cda del 9 gennaio che hanno portato i siciliani a una raffica di nomine, tra cui quella di Lopes al posto di Bertola, non condivise e ritenute illegittime dalla controllante. Ieri l'ultimo atto: dopo il vertice di martedì 15 gennaio tra l'amministratore delegato di Unicredit, Alessandro Profumo, il presidente della Regione Sicilia, Salvatore Cuffaro e il numero uno della Fondazione Bds, Giovanni Puglisi, il confronto faccia a faccia Mancuso-Fiorentino ha segnato la fine della «bega».

Il tutto si è concluso nel giorno in cui il titolo UniCredit ha pagato il generale crollo delle Borse perdendo il 7,6% a 4,92 euro e Profumo si è recato a Palazzo Chigi. Unicredit ha anche annunciato di aver acquistato le 83,8 milioni di azioni oggetto di recesso, che sono rimaste interamente invendute al termine del periodo di collocamento in Borsa. Le azioni UniCredit erano state poste in vendita a 6,265 euro, corrispondente al prezzo di recesso di 7,015 euro per ogni azione Capitalia.


domenica 20 gennaio 2008

Eletto il nuovo papa nero

Il «conclave» dei gesuiti ha eletto il «papa nero», il nuovo preposito generale della Compagnia fondata da Sant’Ignazio di Loyola, l’ordine religioso più numeroso della Chiesa cattolica: è padre Adolfo Nicolás, 71 anni, di origini spagnole, che ha trascorso quasi tutta la sua vita in Oriente ed è stato designato alla seconda votazione.
Proprio come spesso accade nel vero conclave, quello che elegge il Pontefice, anche in questo caso la nomina è stata una sorpresa: nessuno dei candidati dati per favoriti per la successione al dimissionario Peter-Hans Kolvenbach è stato eletto. A differenza del conclave vero, per la nomina del generale dei gesuiti basta un quorum a maggioranza assoluta (mentre per il Papa servono i due terzi). La similitudine con il papato era data fino ad oggi dal fatto che il generale della Compagnia viene eletto a vita, proprio come il vescovo di Roma. Ma la scelta di Kolvenbach di lasciare per motivi legati all’età e alla salute costituisce un precedente importante.
Nicolás, designato poco dopo mezzogiorno dai 217 delegati partecipanti alla 35ª Congregazione generale è il ventinovesimo successore di Sant’Ignazio. Viene descritto come una persona amabile e il suo curriculum è quello tipico del gesuita esperto nell’ambito del governo, della formazione dei novizi, dell’insegnamento teologico. Nato a Palencia, in Spagna, si è laureato il filosofia, poi ha studiato teologia a Tokyo, dov’è stato ordinato sacerdote, ha ottenuto un master alla Gregoriana di Roma, ha diretto lo «Scolasticato» dove si formano i gesuiti nella capitale giapponese, ed è stato provinciale del Giappone e infine moderatore della conferenza gesuita dell’Asia orientale e Oceania. Decisiva è la sua provenienza: anche se occidentale per nascita, il nuovo generale guarda all’Oriente.
L’esperienza di padre Nicolás sta dunque a indicare l’attenzione dei gesuiti per l’Asia, da dove ormai provengono la metà delle vocazioni dell’ordine, terra di frontiera per il cattolicesimo nel confronto con le altre religioni.


Sandra Leonardo tenta di difendersi dal gip

E' come un fiume in piena Sandra Lonardo Mastella quando, per circa quindici minuti, incontra il Gip del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Francesco Chiaromonte, al quale, con voce ferma e decisa, legge una dichiarazione spontanea. Ma non risponde ad alcuna domanda. La moglie dell'ex Guardasigilli - nel giorno in cui ci sono stati altri interrogatori nell'ambito dell'inchiesta - si è detta disponibile a chiarire tutti gli aspetti della vicenda giudiziaria che la vede coinvolta solamente dinanzi al "giudice competente, ovvero - ha detto - dinanzi all'autorità giudiziaria che dovrà giudicarmi". Quando arriva nel palazzo di giustizia Sandra Lonardo appare tranquilla e dal suo viso traspare serenità. Indossa un paio di pantaloni ed un cappotto nero ed al collo ha una lunga sciarpa arancione.

Ad attenderla c'erano alcuni suoi amici ai quali, il presidente del Consiglio regionale della Campania, dona, pur restando sempre a bordo della sua automobile, baci e saluti. Nell'aula del Gip, al secondo piano del tribunale, la presidente Lonardo ribadisce: "Non ho mai minacciato o tentato di coartare la volontà di chicchessia e tanto meno del dottor Annunziata. Credo che il privatissimo sfogo di un personale disappunto, avvenuto con il mio consuocero Camilleri, non può costituire o essere sintomo di un comportamento illecito di tipo intimidatorio nei confronti del dottor Annunziata".

Sandra Lonardo, durante la permanenza dinanzi al Gip, non ha esitato anche a lanciare una stoccata a tutto l'impianto accusatorio sostenendo che "chiunque dotato di buon senso e di media esperienza sa che non possono essere addebitati alla sottoscritta e a mio marito tali inevitabili millanterie o falsità di cui è disseminata l'indagine condotta dalla procura di Santa Maria Capua Vetere". Sono infine i difensori di Sandra Lonardo, gli avvocato Titta Maida e Severino Nappi, a ribadire che le accuse sono infondate. "Abbiamo assistito - ha detto Titta Maida - all'interrogatorio della presidente Lonardo che si è svolto in un clima di assoluta serenità.

La presidente era sorridente e tranquilla ed ha reso una lunga dichiarazione spontanea riservandosi di rispondere a tutte le domande quando il processo arriverà dinanzi al giudice competente". Per tutto il giorno davanti al tribunale di Santa Maria Capua Vetere si è radunata una folla di curiosi che aspettavano con ansia di poter vedere l'arrivo della moglie di Clemente Mastella. E con il passare delle ore i curiosi commentano la vicenda, dividendosi tra innocentisti e quelli che dicono che la giustizia deve fare il suo corso. Per raccogliere i numerosi messaggi di solidarietà che stanno giungendo sul sito internet di Sandra Lonardo è stata realizzata una apposita pagina e realizzata una casella di posta elettronica.

La lunga giornata a Santa Maria Capua Vetere ha visto anche gli interrogatori di due assessori regionali, Andrea Abbamonte e Luigi Nocera, e del consigliere regionale dell'Udeur, Nicola Ferraro, tutti agli arresti domiciliari. Gli esponenti politici hanno deciso di rispondere alle domande del Gip ed al termine degli interrogatori i difensori hanno chiesto la revoca della misura cautelare.


Barcellona: Presi 14 islamici

Secondo l'edizione elettronica di «El Pais», il Cni avrebbe avvertito a sua volta altri paesi europei, in particolare Francia, Regno Unito e Portogallo, del rischio di attentati da parte di «cellule itineranti» formate da terroristi pachistani in coincidenza con la visita in Europa del presidente del Pakistan Pervez Musharraf. Secondo il quotidiano, il Cni ha detto che il rischio attentati, riguardo alla Spagna, è «in forma imminente».
Rubalcaba ha detto che nella retata di Barcellona è stato smantellato «un gruppo con un livello di organizzazione importante» che stava per passare dalla «radicalizzazione ideologica» alle «azioni violente». Le perquisizioni, condotte nel quartiere popolare del Raval, con una forte popolazione immigrata musulmana, hanno permesso di trovare, secondo Rubalcaba, materiale per la fabbricazione di ordigni esplosivi, e quattro timer. Fra i locali perquisiti anche una moschea. Secondo El Pais, che cita fonti dell'inchiesta, nelle perquisizioni sarebbero state trovate fra l'altro tracce di Tatp, detto anche l'esplosivo dei poveri, usato in attentati terroristici islamici a Londra e Casablanca, in Marocco.
L'operazione di Barcellona interviene a sei settimane dalle elezioni politiche spagnole del 9 marzo, con i servizi di sicurezza già in allerta per il rischio di possibili attentati sia dell'Eta sia del terrorismo islamico. Le ultime elezioni legislative, vinte inaspettatamente dal Psoe dell'attuale premier Josè Luis Zapatero, si erano svolte due giorni dopo i tragici attentati islamici dell'11 marzo alle stazioni di Madrid.
L'operazione di Barcellona, ha sottolineato Josè Luis Zapatero nella città portoghese di Braga, dove ha partecipato al XXIII vertice Spagna-Portogallo, è il risultato di una «importante collaborazione internazionale».


venerdì 18 gennaio 2008

Scontrino fiscale in farmacia, scatta la protesta

Dopo l'entrata in vigore della norma che consente di detrarre dalla dichiarazione dei redditi le spese sostenute per l'acquisto di medicinali solo se risultino certificate da scontrino fiscale "parlante", vale a dire contenente il nome del farmaco acquistato e l'indicazione del codice fiscale del destinatario, l'associazione di difesa dei consumatori Cittadinanzattiva protesta per un iter che giudica troppo farraginoso e poco funzionale.

"Troppi i disagi dei cittadini segnalati in diverse aree del Paese, urge un intervento per permettere l'esibizione del semplice codice fiscale e evitare ulteriori difficoltà per i contribuenti. A questo si aggiunga che molte volte in Farmacia non si richiede al cittadino né la tessera né il codice fiscale, emettendo così uno scontrino che non permetterà più la detrazione dei costi".

Cittadinanzattiva rivolge quindi un pressante appello:

- all'Agenzia delle entrate, perché semplifichi il percorso per la richiesta del tesserino sanitario. Oggi è infatti necessario rivolgersi all'Agenzia territoriale, fornire fotocopia della propria carta di identità e del codice fiscale. Solo così sarà emessa una tessera temporanea che permetterà l'emissione, in farmacia, del nuovo “scontrino parlante”, valido ai fini della detrazione. Chiediamo inoltre che, almeno fino a quando non sarà completata la diffusione a tutti i cittadini della tessera sanitaria, sia permessa la semplice esibizione del codice fiscale.

- ai farmacisti, affinché ricordino la necessità dell'esibizione del tesserino, anche con l'affissione di cartelli chiari all'ingresso e nelle prossimità delle casse. Chiediamo inoltre una moratoria sugli scontrini emessi da luglio a dicembre dell'anno appena passato. Sono molte le Agenzie territoriali che infatti richiedevano che, accanto al semplice scontrino, il farmacista emettesse un altro documento contenente la natura, la qualità e la quantità del farmaco più il codice fiscale ai fini della detrazione per l'anno 2007. Poiché in molti casi questo non è stato fatto, o addirittura si è consigliato di apporre il proprio codice fiscale dietro lo scontrino, temiamo che chi pagherà il conto di questa confusione sarà il cittadino, che molto probabilmente si vedrà contestate le cifre in detrazione proprio relative a questo tipo di scontrino. Come sempre la responsabilità ricadrà sui cittadini e non sui farmacisti inadempienti.

“Non è possibile accettare che per colpa dell'entrata in vigore di una normativa prima che tutti fossero in possesso della tessera sanitaria", ha dichiarato Teresa Petrangolini, segretario generale di Cittadinanzattiva, "i cittadini debbano subire per l'ennesima volta l'inefficienza della Pubblica amministrazione. Aggiungendo il danno economico alla inevitabile perdita di tempo” .


giovedì 17 gennaio 2008

Totti - Torino 4 - 0

Macché turnover, macché Toro di seconda mano: tanto la Coppa Italia è la solita seccatura. Il Toro voleva un’impresa, ha lasciato l’Olimpico con una disfatta, la seconda in tre giorni. Primo tempo coraggioso e attento, poi il black-out totale che ha distrutto novanta minuti da incorniciare all’andata e un’ora di coraggiosa resistenza ieri sera. Tutta colpa di Totti.

Finché è rimasto in panchina, la Roma è apparsa confusa e imprecisa. Quando Spalletti ha sdoganato Francesco, la partita è cambiata, la Roma ha preso il volo, il Toro ha chiuso la sua avventura di Coppa Italia (dal 1994 non arriva al quarti di finale), PaperTotti (da ieri in edicola con Topolino) ha realizzato una doppietta ed è arrivato a 200 gol in giallorosso. Dopo il 3-1 dell’andata nella notte del Recoba risorto (due gol, assist), era giusto provarci anche contro una Roma che si colloca a distanze siderali dai granata. Dunque la Coppa poteva essere un antibiotico che scaccia i germi della crisi, così Toro verissimo, squadra modificata in fretta a furia senza remore. In soffitta la fantasia, avanti con la concretezza del 4-4-2. Coperti e allineati verso l’obiettivo. Davanti Di Michele e con lui il Chino. Poteva essere l’idea giusta.

Anche Spalletti ha precettato i pezzi da novanta come se fosse campionato. E la partita è stata subito nelle mani della Roma, ma la difesa granata reggeva alla grande. Natali su tutti, Di Loreto attento, Comotto con l’elastico corto per non sguarnire troppo la retroguardia. Prova corale di grande efficacia. Forse troppa rinuncia visto come è finita. Per mezzora la squadra di Novellino ha soprattutto badato a mettere mine sulla strada degli avversari, poi al primo accenno di calo romanista, la truppa granata ha guadagnato metri preziosi di prato e ha cominciato a farsi vedere dalle parti di Doni. E alla fine del primo tempo le occasioni da gol migliori erano proprio del Toro. La prima al 32’ sprecata da Di Michele che non sfruttava un assist divino di Grella e depositava il pallone fra le braccia di Doni scatenando le ire di Novellino. La seconda (difficile da concretizzare) al 36’, ancora con l’attaccante sempre a zero gol, che riprendeva una respinta di Doni su tiro di Recoba, ma da posizione molto angolata trovava Cicinho a sbarrargli la strada.

Metà impresa era compiuta. Occorreva continuare a resistere, con la speranza che l’estro di Recoba non si spegnesse sul più bello. Invece il Toro si è squagliato insieme al suo attaccante. E’ bastato che scattasse l’effetto Totti per cancellare i granata. Il Pupone si materializzava al 14’ come vice Vucinic e in meno di due minuti cambiava tutto. Il Toro, finora molto compatto in difesa, si disintegrava di colpo e subiva un doppio ko micidiale. Al 15’ era Giuly, subentrato a Taddei, che innescava Mancini lasciato solo e libero di colpire. Subito dopo altro affondo del francese, Corini bucava, Totti infilava Sereni. Fine di un sogno. Il disastro si completava al 28’ quando Lanna arpionava Mexes in area e Totti trasformava il rigore e poi ancora al 44’ su affondo di Giuly che si faceva beffa di Lanna.