martedì 22 gennaio 2008

Torna il sereno in Sicilia

Due ore di confronto «sereno». Tanto è servito a Paolo Fiorentino, deputy ceo di UniCredit, e Salvatore Mancuso, presidente del Banco di Sicilia, per chiudere lo scontro sul Bds. Due ore che hanno permesso di mettere a punto l'accordo che ha ridisegnato il nuovo assetto di vertice del Banco ma, come recita una nota di Piazza Cordusio, «nel rispetto della valorizzazione delle risorse locali».

Le novità interne al board dell'istituto siciliano verranno definitivamente approvate in occasione del consiglio di amministrazione del Bds convocato per domani, mercoledì 23 gennaio, dopo che oggi il cda di UniCredit ne avrà preso atto. L'intesa prevede che il consiglio del Banco recepisca le dimissioni dell'amministratore delegato Beniamino Anselmi, e quindi coopti Roberto Bertola nel board come nuovo a.d.. Mancuso, ritenendo conclusa la propria missione, ha quindi messo a disposizione il mandato con circa due mesi di anticipo rispetto alla scadenza naturale, il prossimo 31 marzo. La carica di presidente verrà assunta da Roberto Nicastro, deputy ceo di UniCredit e già vicepresidente del Banco di Sicilia.

Quanto a Giuseppe Lopes, nominato da Mancuso direttore generale del Bds nel cda del 9 gennaio scorso, darà le dimissioni per diventare direttore generale di Uca, una delle società di UniCredit della divisione retail che si occupa di distribuire prodotti assicurativi. Il nuovo direttore generale del Banco, invece, non è stato ancora individuato ma verrà selezionato tra le professionalità del Bds. Non a caso UniCredit ha tenuto a sottolineare «l'impegno, in linea con le strategie e i principi del gruppo, a valorizzare le risorse interne del Banco di Sicilia sia nella banca che nell'ambito delle società». Peraltro, Fondazione Bds e Regione Sicilia continueranno a esprimere quattro consiglieri nel cda del Banco.

E' stata poi confermata «l'istituzione di un Osservatorio socio-economico che possa supportare in termini di analisi e ricerche lo sviluppo dell'economia siciliana». E rispetto a ciò Piazza Cordusio ha ribadito «la grande attenzione che attraverso il Banco di Sicilia intende riservare alle imprese che sono la base dell'economia» locale. In questo modo, «la banca sarà così sempre più al servizio della crescita dell'Isola e solidamente inserita in un gruppo bancario internazionale presente in 23 Paesi».

Si è risolto dunque in un clima che ambienti vicini alle parti hanno definito cordiale e collaborativo lo scontro che aveva animato le ultime settimane di cronaca. A innescare la miccia, o meglio la catena di incomprensioni che ha portato al riassetto di vertice della banca, sarebbe stato proprio il consiglio di amministrazione del 30 agosto scorso, convocato d'urgenza da UniCredit il 22, per nominare Roberto Bertola direttore generale del Banco. Una mossa che in Sicilia sarebbe stata accolta con freddezza, non tanto per il manager scelto quanto piuttosto perché non si ravvisava una necessità così impellente di rivedere l'assetto di comando.

Insomma, lo scontro non sarebbe maturato per questioni di sostanza ma piuttosto per problemi di forma e di tempistica, conditi dall'innesto nel Bds di prassi ritenute comuni in un grande gruppo come UniCredit ma percepite come estranee in una realtà particolare come la Sicilia. Di qui le tensioni sfociate nel cda del 9 gennaio che hanno portato i siciliani a una raffica di nomine, tra cui quella di Lopes al posto di Bertola, non condivise e ritenute illegittime dalla controllante. Ieri l'ultimo atto: dopo il vertice di martedì 15 gennaio tra l'amministratore delegato di Unicredit, Alessandro Profumo, il presidente della Regione Sicilia, Salvatore Cuffaro e il numero uno della Fondazione Bds, Giovanni Puglisi, il confronto faccia a faccia Mancuso-Fiorentino ha segnato la fine della «bega».

Il tutto si è concluso nel giorno in cui il titolo UniCredit ha pagato il generale crollo delle Borse perdendo il 7,6% a 4,92 euro e Profumo si è recato a Palazzo Chigi. Unicredit ha anche annunciato di aver acquistato le 83,8 milioni di azioni oggetto di recesso, che sono rimaste interamente invendute al termine del periodo di collocamento in Borsa. Le azioni UniCredit erano state poste in vendita a 6,265 euro, corrispondente al prezzo di recesso di 7,015 euro per ogni azione Capitalia.


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