lunedì 14 gennaio 2008

Berlusconi ricatta: Niente Riforma TV e si fanno le Riforme

Prima attacca e poi smentisce. L'ultima sparata di Berlusconi non fa una piega, è nel suo perfetto stile. Domenica lancia il ricatto sulle riforme: sì alla bozza Bianco, ma solo se si stoppa la riforma tv. Il diktat ha il "merito" di ricompattare l'Unione. Dopo aver urlato per 17 mesi che il governo sarebbe crollato per essere smentito ogni volta, sembra ora delinearsi la nuova tattica dell’ex leader della defunta Casa delle Libertà. Apertura al dialogo con il centrosinistra sulla legge elettorale, ma in cambio netto no alla riforma della tv e sul conflitto di interessi. In collegamento telefonico con Roccaraso, il Cavaliere arriva ad affermare: «Non potremmo trattare con forze politiche che mettessero in atto una decisione criminale come il disegno Gentiloni. Non ci sarebbe alcuna possibilità di dialogo - ha detto Berlusconi - con chi agisse in questo modo».

Poi, ventiquattro ore dopo nega tutto: «La legge elettorale non c'entra niente con la Gentiloni, e non sono stato certo io a collegare i due temi»: ma ribadisce che resta impossibile collaborare con «un governo che si macchiasse di una simile nefandezza, inconcepibile in una vera democrazia». La Gentiloni, appunto.

Così, in pratica, all'ex premier andrebbe benissimo il “porcellum” di Calderoli, quello attualmente in vigore e definito tale dallo stesso esponente leghista, con qualche piccolo ritocco. L’obiettivo resta comunque il modello francese. «Sono d'accordo con Veltroni, ha dato buoni risultati. Per fare in Italia quello che Sarkozy ha fatto in Francia in poco tempo ci vorrebbero 2-3 anni. Ci vuole un solo turno, una sola scheda, un solo voto. Speriamo che si trovi l'accordo», ha detto ancora il Berlusconi.

Il dietrofront fa comunque tirare un sospiro di sollievo: se «le affermazioni di ieri - aveva detto Veltroni - non sono accettabili», ora si piò tornare «a cercare una soluzione». «È tornato tutto dove eravamo - ha commentato - Mi sembra che ci sono tutte le condizioni per fare passi in avanti». Apprezza anche il segretario del Prc Franco Giordano che giudica «un bene che Berlusconi si sia smentito sullo scambio tra legge elettorale e riforma tv». E torna a mettere in chiaro la posizione del suo partito: «A scanso di equivoci – ha detto – voglio precisare che noi siamo assolutamente indisponibili ad avallare qualsiasi ipotesi di scambio, perché conflitto di interessi e riforma della tv devono far parte di una civiltà che deve essere ancora completamente dispiegata nel nostro Paese».

Domenica la sparata del leader dle Partito delle Libertà aveva scatenato la reazione unanime della maggioranza. Ed in particolare quella dello stesso ministro delle Telecomunicazioni, Paolo Gentiloni. Ai microfoni del Tg3, Gentiloni sottolinea che la legge sul sistema radio televisivo «va avanti», «deve portare più pluralismo in un sistema che dalla scorsa legislatura è stato molto limitato». «Naturalmente - aggiunge Gentiloni - deve andare avanti anche l'intesa sulla legge elettorale ed è bene che i due piani restino distinti. Se si mescola, se si pensa a scambi sottobanco si fanno errori molto gravi».

Si inalbera anche Pietro Folena, del Prc, che è il relatore del disegno di legge Gentiloni. «Mi dispiace e mi sorprende che nel momento in cui si dialoga sulla legge elettorale, per il bene del Paese e il risanamento del sistema politico, il presidente Berlusconi subordini tutto ciò alla messa in soffitta del ddl Gentiloni, vale a dire alla garanzia per i suoi interessi personali e aziendali. Uno statista - incalza l'esponente del Prc - è colui che per l'interesse generale, tanto più in una fase di riforma delle istituzioni, è capace di mettere da parte il proprio particolare. Mischiare due questioni diverse e distinte come la legge elettorale e la riforma della tv è assolutamente contrario allo spirito di dialogo necessario in queste circostanze. Nell'esaminare il ddl Gentiloni - conclude Folena - ci siamo aperti al dialogo con l'opposizione e questo Berlusconi lo sa. Ora dimostri responsabilità di fronte al Paese e alle istituzioni».

L’Unione si riunirà in un vertice lunedì alle 18, in attesa del confronto di martedì in commissione Affari Costituzionali al Senato sulla bozza Bianco. Nel frattempo, mercoledì la Camera di consiglio dei 14 giudici della Corte Costituzionale avvierà il procedimento per decidere sull'ammissibilità del referendum, che diventerà strada obbligata se dovesse saltare l’intesa in Parlamento.


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